Cosa manca all’enoturismo italiano per crescere?
Sono passati due mesi da quando, appena rimesso piede in Italia dopo un mese negli Stati Uniti e 138 cantine visitate, mi sono detta: “Basta, non voglio più saperne di visitare cantine per un bel po’!”.
La sovraesposizione ci ha portati infatti a vivere un periodo di rifiuto momentaneo nei confronti dell’enoturismo. Le cantine americane sanno essere ripetitive, e a tratti dopo ci sono parse tutte uguali, quindi l’ultima cosa che desideravo era quella di tornare a visitarne altre al mio rientro in Italia.
Questo fino a due settimane fa, quando il lavoro ha chiamato e si è presentata la necessità di fissare una visita nella realtà di Piazzo, in Piemonte. Devo essere onesta, la sera prima dell’appuntamento la mia mente è stata invasa da pensieri negativi. Zero voglia di andarci e nemmeno credevo che sarei stata in grado di dare il meglio di me, visto che sarebbe mancato l’entusiasmo che da sempre mi contraddistingue.
Eppure… Nel momento in cui ho varcato i loro cancelli è successa una cosa fantastica, che è anche la reale magia dell’enoturismo italiano. Mi è bastato vedere gli occhi di nonna Gemma e di Marina che ci aspettavano e ascoltare la passione di Marco e Simone mentre raccontavano i loro progetti futuri, per stravolgere completamente il mio umore, tanto da farmi commuovere.
Ho trovato nei loro sguardi l’essenza del successo dell’enoturismo. Sguardi che raramente ho incrociato in centinaia di visite nelle cantine del mondo. In quel momento ho capito che l’accoglienza delle cantine italiane non è replicabile in nessun’altra parte del mondo, ed è questo il campionato in cui l’Italia deve giocare.
Gli ingredienti dell’enoturismo italiano
Gli ingredienti dell’enoturismo italiano sono ingredienti non tangibili, frutto di un qualcosa che va oltre il tipo di esperienze proposte, il vino o il cibo. Non ha neanche a che vedere con le sole persone. Si tratta di qualcosa di più, un mix di cultura, empatia, semplicità presenti solo qui. La capacità di trasmettere la passione che mettiamo in ciò che facciamo. Non esiste competitor che tenga se siamo consapevoli di quello che abbiamo, ma il punto è proprio questo: le aziende del vino italiane sono le prime a non credere in loro stesse.
Quando diciamo che l’Italia è indietro è vero, ma questo è solo perché forse, fino ad oggi, non abbiamo mai voluto realmente metterci in gioco. Ci nascondiamo dietro a piagnistei come: “Sono in una zona poco vocata”, o: “I miei vini non sono all’altezza”.
All’enoturismo italiano manca l’austostima, che deriva dalla consapevolezza di aver tutto e di doverlo solo mettere in ordine.
La verità, infatti, è che visitare una cantina italiana è a prescindere tutt’altra esperienza, e gli stranieri lo sanno meglio di chiunque altro. Ve lo confermiamo anche noi, che, anche dopo aver testato l’accoglienza di centinaia di aziende nelle mete vitivinicole più rinomate del mondo, quando torniamo in Italia rimaniamo sempre affascinati.
Gli ingredienti ci sono; basta solo continuare a crederci, aver fiducia in noi stessi e sapere mettere a terra i passi giusti, uno dopo l’altro.
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