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Enoturismo: l’hospitality management è una professione

I motivi per cui l’accoglienza non può essere affidata a chi non ha altre mansioni in azienda. Editoriale di Lavinia Furlani

Con l’enoturismo, le aziende giocano una carta importante, nella quale la posta in gioco va molto oltre riuscire a vendere bene il proprio prodotto nel wine shop aziendale.

Aprire le porte ai turisti significa anzitutto sottoporre la nostra “cifra” stilistica ad una prova della verità: la prima cosa che gli ospiti noteranno è se la nostra formula identitaria a è in linea con quella promessa sul sito aziendale, sui nostri canali social o nelle nostre newsletter.

Non è quindi opportuno affidare una materia così delicata a personale improvvisato, non preparato e semplicemente libero da altre incombenze.

Chi stringe la mano al visitatore deve possedere competenze trasversali e strategiche che non si improvvisano.

La competenza tecnica

Non è necessario un super-tecnico del fermentino per gestire efficacemente un tour in azienda, ma certamente l’interlocutore apprezza una buona dose di contenuti tecnici e, se ha un certo grado di conoscenza del settore ama porre domande curiose che spaziano anche sulla tecnica produttiva. Uno storytelling tecnico imparato a memoria è quanto di peggio l’azienda possa riservare ai suoi ospiti.

La capacità relazionale

Al nostro hospitality manager spetterà il compito di trasformare l’occasione dell’incontro in azienda in una relazione stabile, e per fare questo dovrà essere in grado di rappresentare l’identità aziendale in modo autentico. L’empatia sarà il suo pre-requisito e le sue doti di comunicatore dovranno creare nell’ospite il desiderio di fare parte di un community, nella quale l’interlocutore trovi rappresentati i suoi valori, siano quelli di far parte di un sofisticato ed esclusivo wine club, oppure di riconoscersi in un circolo di cultori di vini naturali.

La conoscenza dell’azienda

Cercare risorse stagionali per gestire i flussi turistici nei mesi caldi dell’enoturismo nasconde un pericolo grande: quello di assoldare persone che non abbiano un legame consolidato con l’azienda e che non siano in grado di trasmettere l’identità aziendale.

Siamo perfettamente consapevoli che questo aspetto è strettamente legato alla difficoltà di allungare la stagione turistica e non immaginiamo che le aziende possano permettersi un costo fisso che non sia in connessione con dei flussi di ricavi; sappiamo bene che a volte, per dimensioni aziendali e organizzazione interna, non è possibile che sia il titolare ad accogliere turisti in azienda. Ma la capacità di trasformare il visitatore in un cliente fidelizzato non si improvvisa. L’hospitality manager, quale che sia il percorso che lo ha portato a ricoprire quel ruolo, deve essere pronto a conoscere, studiare, formarsi, in primo luogo su quelli che sono i contenuti aziendali.

E, soprattutto, l’azienda deve essere pronta a investire sulla sua formazione: le skill necessarie all’hospitality manager non si improvvisano e sono difficili da trovare in un unico profilo professionale, sempre ammesso che il budget aziendale ne permetta l’assunzione.

La formazione delle risorse già presenti in azienda si rivela a volte la scelta economicamente e strategicamente più corretta.

Se questo argomento ti interessa, dai un’occhiata a “Accoglienti e vincenti”, il nostro percorso formativo in e-learning pensato per le risorse umane dedicate all’area enoturismo ed hospitality a questo link!

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